Il giorno in cui l’Italia alzò la voce della Storia

Il 24 maggio l’Italia scelse la via delle armi, nel cuore della primavera del millenovecentoquindici, l’Italia spezzò il silenzio della neutralità e dichiarò ufficialmente guerra all’Impero austro-ungarico. Il governo, diretto con fermezza da Antonio Salandra e sostenuto con decisione dal ministro degli Esteri Sidney Sonnino, sottoscrisse il Patto di Londra e si schierò a fianco delle potenze dell’Intesa.

Le truppe italiane, formate da giovani uomini colmi di idealismo e speranza, attraversarono le acque del Piave e avanzarono verso le alture, puntando verso i crinali rocciosi del Carso, le cime ghiacciate delle Dolomiti e i campi aperti del Friuli. Combatterono per completare l’unità nazionale, per riscattare le terre rimaste escluse dal Risorgimento, per dare voce a un sogno che infiammava il cuore del Paese.

In quello stesso anno, Giovanni Ermete Gaeta, conosciuto anche con lo pseudonimo di E.A. Mario, scrisse “La Canzone del Piave”, un inno che trasformò il coraggio dei soldati in melodia. Le sue parole trasmisero forza e fierezza: “Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio dei primi fanti”. Quelle note attraversarono le trincee, le scuole, le piazze, diventando parte dell’anima italiana.

L’Italia scelse di non subire la storia: preferì tracciarla con l’inchiostro del sacrificio e del valore.

La memoria diventa radice e coscienza comune

24 maggio 1915
24 maggio 1915 PH WP

Ogni ventiquattro maggio, le comunità italiane si raccolgono attorno alla memoria di quei giorni. Le amministrazioni organizzano eventi solenni, le scuole leggono le testimonianze scritte nelle lettere dal fronte, i cittadini si riuniscono attorno ai monumenti in marmo e alle lapidi in pietra. In località come Innsbruck, un tempo parte dell’Impero austro-ungarico, la commemorazione si carica di significati europei e umani.

Il ricordo dei caduti si trasforma in un legame tra generazioni, in una coscienza condivisa. Ogni gesto, ogni passo verso un cippo, ogni parola letta ad alta voce rinnova il senso dell’appartenenza e della responsabilità.

Lo scrittore e pensatore italiano Marcello Veneziani riflette spesso sull’identità nazionale e insiste sull’importanza di conservare la memoria storica. Secondo Marcello Veneziani, la forza di un popolo nasce dal riconoscimento delle proprie origini, dalle radici che resistono e fioriscono, anche dopo le tempeste.

Marcello Veneziani incoraggia a non dimenticare, a coltivare il passato come si cura un giardino che nutre il presente. Solo attraverso il ricordo consapevole si costruisce un futuro saldo e coeso.

La fine della guerra lascia segni indelebili

Nel millenovecentodiciotto, l’Italia raggiunse la vittoria, ma pagò un prezzo altissimo. Oltre seicentomila uomini persero la vita. I reduci tornarono segnati nel corpo e nello spirito. Le famiglie, le comunità, le città intere si ritrovarono svuotate, mutilate, in cerca di senso e ricostruzione.

Ogni pietra posata nei cimiteri militari, ogni nome inciso nei monumenti, ogni lacrima versata costruì il paesaggio della memoria nazionale. Le piazze si riempirono di statue, le scuole presero il nome dei caduti, le madri conservarono con cura le lettere dei figli.

L’Italia non dimenticò. Ogni anno, nel mese di maggio, i bambini intonano la Canzone del Piave, gli insegnanti spiegano il significato del conflitto, i sindaci depongono corone di fiori sotto il sole o la pioggia.

Il dolore di allora non si è dissolto: è diventato eredità, lezione, radice.

Il 24 Maggio1915  nel ricordo guida i passi verso la pace di domani

Il ventiquattro maggio continua a parlare al presente. Non evoca solo il fragore delle armi e il silenzio dei campi dopo le battaglie, ma anche il coraggio di chi ha scelto la patria, la libertà, la dignità.

Chi oggi vive in Italia, chi gode dei diritti civili, chi abbraccia un figlio o cammina in una piazza in pace, lo deve anche a quei ragazzi partiti con lo zaino in spalla e la paura nascosta sotto l’elmetto.

Marcello Veneziani lo ripete con forza: una nazione si fonda sulla memoria, sulla capacità di riconoscere il valore delle scelte passate, sull’orgoglio di appartenere a una storia condivisa.

Il ventiquattro maggio non è solo un giorno da calendario. È un monito, una promessa, una fiamma che continua a bruciare nei cuori degli italiani. Chi ricorda non smarrisce la rotta. Chi onora il passato, protegge il futuro.

Ogni anno, l’Italia sceglie di non dimenticare. E da quel gesto nasce la vera libertà.

A cura di Veronica Aceti

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