Torna a casa dopo due anni la reporter ucraina scomparsa
Nel gelido febbraio dell’anno appena trascorso, la famiglia di Viktoriia Roshchyna ha ricevuto ciò che restava di lei. Un corpo mummificato, quasi irriconoscibile, consumato dal tempo e dall’orrore. Due anni prima, nel cuore martoriato dell’Ucraina occupata, i militari russi l’avevano catturata. La giovane giornalista, che sfidava la guerra armata solo della sua penna, è scomparsa nel nulla. Ora, invece, torna tra le braccia dei suoi cari, ma non come tutti speravano.
Un corpo che racconta più della voce
Chi ha potuto vedere il suo corpo racconta di un dolore che non si può spiegare a parole. I medici forensi hanno trovato segni evidenti di tortura, mutilazioni, assenza di organi interni, silenzi scolpiti nella carne. Un corpo che parla senza voce, ma urla giustizia da ogni ferita. Nessuna forma di rispetto, nessun gesto umano ha accompagnato la sua prigionia. Solo crudeltà, oscurità, e un silenzio colpevole.
Viktoriia Roshchyna, la scelta di stare dalla parte della verità
Viktoriia Roshchyna non si accontentava dei comunicati ufficiali. Lei scendeva nei rifugi, camminava tra le macerie, ascoltava i racconti spezzati della gente, scriveva la verità nuda, anche quando faceva male. Collaborava come freelance per il quotidiano ucraino Ukrainska Pravda, uno dei pochi ancora capaci di raccontare ciò che davvero accade nei territori invasi.
Nel 2023, durante una delle sue missioni nei territori temporaneamente occupati, Viktoriia è sparita nel nulla. Nessuno ha più sentito la sua voce, letto un suo pezzo, ricevuto una sua mail. Il suo silenzio è diventato un buco nero, un peso sul cuore di chi l’amava e di chi crede nella libertà di stampa. Per due lunghi anni, il suo nome ha continuato a vibrare in redazione, sulle bocche dei colleghi, nei sogni irrequieti della madre.
Un’inchiesta mondiale per non lasciarla morire due volte

Per restituirle la dignità che le è stata strappata, Ukrainska Pravda ha lanciato il ‘Progetto Viktoriia’, un’iniziativa internazionale ideata in collaborazione con Forbidden Stories. Al progetto hanno aderito testate giornalistiche di prestigio mondiale: The Guardian, The Washington Post, Le Monde, Der Spiegel, tra le altre. Giornalisti da ogni angolo del pianeta si sono messi sulle sue tracce, scavando, interrogando, incrociando testimonianze, riaprendo ferite e aprendo gli occhi dell’opinione pubblica.
Il ‘Progetto Viktoriia’ non vuole solo raccontare la sua storia, ma vuole indagare sul destino di tutti gli ucraini imprigionati in Russia, strappati alle loro vite, ai loro affetti, alla loro libertà. Ogni inchiesta pubblicata è una promessa: “Non vi lasceremo soli, non vi cancelleremo dal mondo”.
Una ragazza che non voleva eroi, solo giustizia
Non era un’eroina. Non cercava la gloria. Viktoriia Roshchyna voleva solo raccontare il mondo che vedeva, anche quando quel mondo si tingeva di sangue e macerie. Aveva lo sguardo chiaro, determinato, e scriveva come chi sa che ogni parola può diventare un’arma contro l’indifferenza. Amava il suo Paese, ma soprattutto amava la verità. E in nome della verità ha pagato con la vita.
Ogni segno sul suo corpo racconta una violenza, ma anche una resistenza. Ogni assenza in lei parla di presenza in noi. È morta da sola, probabilmente in una cella, dimenticata dai carnefici ma non da chi crede nel potere della parola e della memoria.
Il nome di Viktoriia è una promessa da mantenere
Ricordare Viktoriia Roshchyna non è solo un gesto di giustizia. È un atto di resistenza. Di civiltà. Di amore per la verità. Ogni volta che qualcuno pronuncia il suo nome, ogni volta che un articolo del Progetto Viktoriia appare online, quel silenzio imposto dai suoi aguzzini perde potere.
La sua morte pesa come una pietra nel cuore del giornalismo libero, ma la sua voce continua a risuonare, più forte della paura, più luminosa del buio che l’ha inghiottita.
A cura di Veronica Aceti
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