Due funerali spezzano il silenzio dell’Italia: l’addio a Ilaria e Sara grida contro i femminicidi

Il Paese si raccoglie per onorare Sara e Ilaria

Ieri non è trascorsa come una giornata qualsiasi. L’Italia ha provato a rallentare il passo per rendere omaggio a due giovani donne, portate via troppo presto dalla brutalità maschile. Sara Campanella e Ilaria Sula, oggi nomi impressi nella memoria collettiva, rappresentano storie che nessuno avrebbe mai voluto ascoltare in forma di commiato. Non si tratta più di fatti isolati, ma dell’ennesima conferma di un problema strutturale, profondo e culturale.

A Misilmeri, un abbraccio collettivo per Sara Campanella

Nel cuore della Sicilia, il piccolo comune di Misilmeri ha accolto con dignità e dolore il feretro bianco di Sara Campanella, 23 anni, una giovane donna piena di sogni, portata via da chi credeva che l’amore somigliasse a una proprietà privata. Il suo ex compagno, Alessandro Argentino, 27 anni, ha reagito al rifiuto con ferocia, scegliendo l’irreparabile. Ha confuso il desiderio con il dominio, l’affetto con la sopraffazione. Intorno alla bara bianca, palloncini candidi e silenzi che urlavano. Gli sguardi erano colmi di rosso vivo, quello della collera, della disperazione e dell’incredulità. “Come si può morire così?” – si chiedevano in molti.

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A Terni, il corteo per Ilaria Sula cammina in punta di piedi

Contemporaneamente, a centinaia di chilometri, anche la città di Terni si è fermata. In silenzio e con passo lento, un’intera comunità ha accompagnato la bara di Ilaria Sula, 22 anni, studentessa di Statistica presso la Sapienza di Roma, una ragazza appassionata, piena di progetti, sogni, idee brillanti. L’ex compagno, Mark Samson, l’ha uccisa, nascosta in una valigia e gettata in un bosco. Non è una sceneggiatura noir. È realtà. E fa male. Il sindaco Stefano Bandecchi ha sollevato la bara con le sue mani, come se volesse chiedere scusa a nome di tutti. Intorno, solo occhi lucidi e silenzi che spaccavano il cuore.

I dati non mentono: il 2025 è già intriso di sangue

Nei primi tre mesi dell’anno, undici donne hanno perso la vita per mano di uomini che avevano detto di amarle. Una ogni settimana. Nessuno di loro era un “mostro” o un “folle”: erano uomini comuni, talvolta già segnalati alle forze dell’ordine, ma mai fermati in tempo. Segnali trascurati, pericoli sottovalutati, abusi tollerati.

La Sapienza e Palermo si stringono nel ricordo

L’università la Sapienza ha sospeso le lezioni in segno di lutto e ha annunciato l’intitolazione di nuovi spazi a Ilaria Sula. Anche Palermo ha espresso la sua vicinanza. Ma non bastano le cerimonie. Non bastano le commemorazioni. Serve molto di più: un’educazione affettiva e sentimentale strutturata, una giustizia che agisca con prontezza, istituzioni che ascoltino con serietà le richieste d’aiuto e che proteggano davvero chi denuncia.

Le parole non bastano: agiamo adesso

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha richiamato l’attenzione sulla necessità di investire nella salute mentale e nell’educazione. Parole condivisibili, certo. Ma servono misure concrete. Servono leggi coraggiose. Servono istituzioni che smettano di voltarsi dall’altra parte. E serve, più di ogni altra cosa, un cambiamento culturale profondo, che cominci dentro le mura domestiche, che entri nei gesti quotidiani, nei linguaggi, nella comprensione autentica di ciò che significa davvero amare.

Non basta più piangere, ora bisogna combattere

Trasformiamo la sofferenza in battaglia, la memoria in impegno, le lacrime in leggi. Smettiamo di chiamare queste morti “tragedie”: sono omicidi annunciati, frutti avvelenati di una società che ancora oggi permette alla violenza di crescere indisturbata.

L’amore non toglie la vita. L’amore non colpisce. L’amore non ti getta in una valigia.
Ci vogliamo vive. E ci vogliamo libere.
Adesso. Non domani.

A cura di Veronica Aceti

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