Un’industria che distrugge ambienti e dignità
L’Africa è sommersa di rifiuti tessili.Il fast fashion non riguarda solo la moda: è una questione etica, ambientale e sociale che colpisce duramente soprattutto i Paesi del Sud globale. Ogni anno nel mondo si generano circa 83 milioni di tonnellate di rifiuti tessili, e una quantità enorme — quasi la metà di quelli prodotti nell’Unione Europea — finisce in Africa, trasformando il continente in una discarica globale del settore moda.
Il dossier di Greenpeace Africa smaschera la verità
Il report Draped in Injustice di Greenpeace Africa denuncia l’arrivo massiccio di abiti usati nei Paesi africani, che spesso risultano inutilizzabili o già danneggiati. Solo nel 2022, Angola, Kenya, Tunisia, Benin, Ghana e Repubblica Democratica del Congo hanno ricevuto 900mila tonnellate di indumenti dismessi provenienti dall’UE.

Ghana il simbolo di una crisi ignorata
Ogni settimana in Ghana arrivano circa 15 milioni di capi usati. L’inchiesta congiunta tra Greenpeace Africa e Unearthed ha documentato un enorme sversamento di vestiti nel cuore di una zona umida protetta nei pressi di Accra, habitat prezioso per tre specie di tartarughe marine. Sulle rive del fiume locale emergono indumenti di Zara, Primark, M&S e H&M, abbandonati come spazzatura.
Un impatto tossico e duraturo che rende sempre più a rischio l’Africa
I tessuti sintetici — spesso derivati dal petrolio — non solo inquinano fiumi e mari, ma rilasciano microplastiche a ogni lavaggio. L’industria del fast fashion contribuisce fino al 10% delle emissioni globali di gas serra e utilizza oltre 3.000 sostanze chimiche, di cui almeno 250 risultano pericolose.
Cambiare si può, a partire da noi, dal nostro armadio
Non basta indignarsi: serve una trasformazione collettiva e concreta. Ogni capo che scegliamo, ogni acquisto che evitiamo, ogni maglietta che decidiamo di riparare anziché buttare può diventare un atto politico, una presa di posizione, un modo per rompere il circolo vizioso dell’usa e getta e restituire dignità a chi, oggi, paga con la propria terra il prezzo delle nostre abitudini.