30 Aprile 1975. Saigon cade sotto il veleno
Cinquant’anni dopo, la guerra continua a uccidere in silenzio
Guardate l’immagine di quelle creature che corrono disperate senza nemmeno uno straccio addosso, offerte in pasto a chi non ha rispetto della vita e nemmeno della morte. Questa è la storia di quello che accadde a Saigon 50 anni fa.
Vietnam, 30 aprile 1975: non una fine, ma l’inizio della rovina
La guerra del Vietnam non è stata solo un conflitto di soldati, ma un genocidio invisibile, una pioggia di morte che non si è mai arrestata. Quel giorno, il 30 aprile 1975, quando Saigon crollò, non fu solo la fine di un regime, ma la nascita di una ferita che brucia ancora. Ma c’era qualcosa di più insidioso, qualcosa che non si vedeva, qualcosa che si annidava nell’aria, nel sangue, nella terra. L’Agente Arancio.
Una nube tossica che ha spento l’infanzia dei bambini di Saigon. come colpa essere nel posto sbagliato

Quel veleno chimico non era solo un modo per distruggere le giungle, per disintegrare ogni resistenza naturale, ma un marchio di morte che non spariva mai. La pioggia che scendeva non era pioggia, era un veleno trasportato nel cielo dalle nuvole, le stesse nuvole che si abbassavano sulle teste di bambini nudi, bruciati dal calore e dal fumo. I bambini correvano senza sapere, il loro corpo fragile stretto da un’ombra che non riuscivano a vedere ma che li seguiva, implacabile. La polvere che si alzava dalle strade non era polvere, era una nuvola di morte che s’insinuava nei polmoni, nei sogni, nei corpi non ancora formati. L’aria non era più aria, ma un veleno che si mescolava all’innocenza di chi non sapeva cosa fosse la guerra.
Il crimine che non avrà mai giustizia
Ogni passo che quei bambini facevano sulla terra bruciata era un passo verso un futuro malformato. I loro occhi brillavano di una paura che non potevano comprendere. I loro corpi erano la testimonianza viva di un crimine che non avrebbe mai avuto giustizia. I sorrisi che davano a chi passava non erano sorrisi di gioia, ma gridi silenziosi di chi sapeva che non c’era scampo. Le madri li guardavano, loro stesse intrappolate in quel fuoco invisibile che non se ne andava mai, che faceva affiorare nel loro cuore una disperazione troppo grande per essere urlata.
La pioggia che cade ancora nei sopravvissuti a Saigon
L’Agente Arancio non ha solo bruciato la terra, ha bruciato l’anima di intere generazioni. Non è mai andato via, non si è mai fermato. Non c’è stato un giorno in cui il vento non abbia portato con sé il suo ricordo. Quelle gocce di morte che cadevano dall’alto, invisibili ma potenti, si sono insediate nel corpo di chi è sopravvissuto. Le cicatrici erano interne, non visibili, ma dolorose. E quando quei bambini, ora uomini e donne, guardano indietro, vedono solo ombre.
L’eco che non tace
La guerra non finisce mai. Non basta firmare una pace, non basta dire basta, perché l’Agente Arancio uccide ancora, non con le bombe, ma con il silenzio che avvolge i giorni, con la tristezza che non se ne va mai. I bambini di ieri sono adulti oggi, ma nei loro occhi c’è ancora la paura di correre nudi in un mondo che li ha traditi. La guerra non finisce mai. L’Agente Arancio non smette mai di uccidere.