Il bidello accusato di aver molestato una studentessa torna davanti ai giudici: la comunità chiede verità e giustizia
Il bidello torna in aula, tra accuse e attese
Una scuola rappresenta un luogo di crescita e fiducia, un ambiente dove i bambini trovano protezione e speranza. Ma quando la fiducia si rompe, resta solo un silenzio che fa male. Un silenzio che si infila tra i muri, tra i banchi, e che adesso torna anche nel tribunale dove il caso contro un bidello di 62 anni riparte. I giudici della Corte d’Appello esaminano nuovamente la vicenda che ha scosso una comunità del Nord Italia.
Il protagonista siede al banco degli imputati. Non si gira verso il pubblico. Forse per disagio, forse per evitare gli sguardi. La giustizia, però, ha bisogno di trasparenza e non può nascondersi dietro l’ombra del dubbio. I magistrati affrontano nuovamente le accuse, mentre la città osserva, in attesa di capire cosa accadrà.
La linea degli avvocati e la determinazione della procura

I legali dell’imputato chiedono di ascoltare nuovamente due testimoni chiave e di analizzare da capo le registrazioni audio che alimentano il processo. Intanto, il pubblico ministero insiste sulla conferma della condanna. Per lui, le prove raccolte dimostrano chiaramente la colpevolezza. Le parti si affrontano senza tentennamenti. Ogni parola detta in aula cerca la verità. Ogni gesto pesa. I magistrati ascoltano, mentre la tensione cresce.
I genitori parlano forte, la scuola vive nell’incertezza
Fuori dal tribunale, i genitori delle tre bambine coinvolte mostrano cartelli con frasi inequivocabili. Uno recita: “I nostri figli non mentono”. Nessuno osa contraddirli. Le madri non abbassano la testa. I padri li affiancano in silenzio. La scuola ha cambiato dirigenti e introdotto controlli più rigidi, ma l’atmosfera non è tornata serena. Gli insegnanti osservano con prudenza. Gli studenti avvertono la tensione. La ferita, ancora aperta, continua a far male.
Il timore non riguarda solo il passato, ma anche il presente. I cittadini si domandano se la sicurezza sia davvero garantita. Il bisogno di fiducia torna a imporsi come un’urgenza sociale.
L’appello si avvia alla conclusione
La Corte d’Appello fisserà la sentenza entro la fine del mese. Gli avvocati hanno consegnato nuove memorie. Il pubblico ministero ha ribadito le sue richieste. Il giudizio finale si avvicina. Le famiglie vogliono giustizia. I bambini chiedono protezione. E lo fanno senza urlare, ma con un silenzio che pesa come una denuncia.
La verità, se c’è, dovrà emergere. Ma in ogni caso, resterà una domanda sospesa tra i corridoi della scuola e le aule di giustizia: chi protegge davvero l’infanzia?
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